lunedì 10 giugno 2013

Archeologia industriale: il futuro di Terni o un passato da valorizzare?

I continui sobbalzi che la comunità ternana si vede costretta a fare ogni qual volta si comincino a sentire voci riguardanti le nostre industrie, AST in primis, conferma il locale adagio per cui il ternano è “nato pe’ tribbolà”. 
Certo, sembra un destino ineluttabile, dato che nella maggioranza dei casi i capitali investiti nel nostro territorio vengono da fuori Terni, e in altri casi anche da fuori Europa. Terni dunque subisce in maniera peggiore che in altre zone dell’Umbria i contraccolpi delle flessioni dei mercati internazionali, e davvero poco sembra in grado di poter fare per rimarginare questa ferita perennemente sanguinante.

Ma c’è qualcosa che può essere fatto per far si che questo territorio non si trasformi in un deserto industriale, o meglio in un deserto de-industrializzato? Non si può pensare ad una Terni senza industrie manifatturiere, ma da ormai anni a questa parte il dibattito sulla direzione che deve prendere la città è fossilizzato su due correnti di pensiero, una delle quali vorrebbe Terni città commerciale e di servizi, un’altra che vorrebbe mantenere l’impronta industriale pur variandone le caratteristiche. Fra queste due ipotesi si innesta la non meno discussa opportunità di valorizzazione del patrimonio industriale dismesso. Il sito di Papigno ovviamente è quello che maggiormente rappresenta questa opportunità , e nello stesso tempo il fallimento dei tentativi di rianimarlo (vedi vicenda Benigni – studios). In Germania,  Spagna, e comunque nell’Europa più evoluta recuperare siti industriali per portarli a nuova vita è ormai strada ampiamente segnata e battuta. Qui nella Conca il rischio serio è di trovarsi una mole impressionante di ruderi industriali senza speranza di recupero. L’opera meritoria di alcuni studiosi, le cui esperienze sono riportate nel sito www.archeologiaindustriale.org, pone all’attenzione della politica il tema, ma senza risultati apprezzabili. Mancano i soldi? Questa sembra essere la consueta risposta. 
Intanto dal mese di aprile, forse non tutti lo sanno, la Regione Umbria ha emanato una legge regionale, la n.5 del 20 marzo 2013, intitolata “Valorizzazione del patrimonio di archeologia industriale”, che prevede un piano regionale di interventi, una commissione regionale composta da 5 membri, 2 scelti dalla Giunta, e 3 dal Consiglio delle Autonomie Locali; sono previsti dei contributi regionali. La legge prevede inoltre che la Regione promuove accordi e intese con gli Enti locali per la ricognizione, valorizzazione e catalogazione del patrimonio da salvaguardare. Credo proprio che il nostro Comune debba collaborare attivamente alla migliore attuazione di questa legge regionale che sembra, una volta tanto fatta anche per la comunità ternana. Oppure vogliamo perdere l’ennesima occasione?

Scritto da Andrea Dominici

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